domenica 13 marzo 2011

17 MARZO 2011: UNA FESTA E UN DUBBIO

Ad una settimana dal giorno di festa, l'Unità nazionale continua a sollecitare molti dubbi in uno come me, che è cresciuto all'insegna di una visione estremamente critica delle vicende che portarono all'unità nazionale.

Abituato da sempre a non dare niente per scontato e a diffidare di una interpretazione troppo eroica, e di stampo massonico, quale era stata l'era risorgimentale, mi sono imbattuto, senza volerlo, in un caso che può rappresentare l'emblema di quel periodo.

Il mio paese di origine è arrampicato sui monti dauni ai confini con la Campania e il Molise, e come tutti i borghi di quelle parti presenta un nucleo storico fatto di vicoletti, chiamate rampe, e largari, che chiamano piazze.

In una di queste strettoie, ancora oggi, si può vedere una croce scolpita su una pietra muraria, che le leggende dei nonni indicavano come il luogo ove furono fucilati sei briganti.

A metà degli anni settanta la curiosità di un sacerdote portò a scoprire che quei briganti erano solo qualche soldato sbandato dell'esercito borbonico, ed alcuni intellettuali locali, che, dopo un processo sommario, su ordine del comandante delle truppe garibaldine, furono passati per le armi: era l'autunno del 1860.

Quel comandante Garibaldino era tale Liborio Romano, omonimo del primo ministro borbonico, poi prefetto sabaudo di Napoli!

Quel comandante con la camicia Rossa fu poi processato per i delitti compiuti in tutta la Capitanata nella Fortezza del Carmine a Napoli, ma le carte processuali sono sempre state negate, o forse stanno nascoste in qualche armadio dell'archivio nazionale del garibaldini a Torino.

Basta cercare. Sicuramente si troveranno tanti episodi che costellarono quel periodo storico che di fatto dimostrano come quella che fu combattuta, di fatto, fu una guerra civile, in cui spesso la popolazione fu oggetto di repressione atroce e sanguinaria, basta ricordare i fatti di Pontelandolfo e Casalduni.

Abbiamo, però, imparato che a scrivere la storia sono sempre i vincitori, e che episodi, come quello narrato, era meglio porlo nella leggenda dei briganti fucilati, piuttosto che nell'ambito di una discutibile azione militare dei garibaldini: per la storiografia massonica era molto più facile, molto più comodo, molto più utile!

Permettemi ancora una domanda: ma se per i fatti della Resistenza, più recenti, si invoca una memoria condivisa, perchè mai, per accadimenti di 150 anni fa non si debba fare lo stesso?

Per chi vuo approfondire: P.Soccio:Unità e Brigantaggio, M.Marcantonio: Sangue e unità, C.Alianello: La conquista del Sud, http://www.ilfrizzo.it/Storia0993.htm

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