sabato 18 luglio 2009

Scacco al clan Mendico, due ergastoli La sentenza: sette condanne e cinque assoluzioni. Ridotte alcune pene

di MARCO CUSUMANO

Hanno trascorso quattro giorni rinchiusi nell’aula bunker del carcere di Rebibbia senza avere nessun contatto esterno. Ieri alle 13,30 i giudici popolari e togati della Corte d’Assise del Tribunale di Latina, sono usciti con in mano l’attesa sentenza per il processo di mafia legato all’operazione Anni Novanta.
Le pene sono state ridotte rispetto alle richieste del pm Diana De Martino. Condannati all’ergastolo il boss della camorra Michele Zagaria e il leader del gruppo del Sud Pontino Ettore Mendico, accusati rispettivamente degli omicidi di Giovanni Santonicola e Rosario Cunto, entrambi avvenuti nel 1990. Niente ergastolo ma 15 anni di carcere per Orlandino Riccardi, accusato della maxiestorsione a Giovanni Grassi; 10 anni per Domenico Buonamano e Antonio Antinozzi; 8 anni per Luigi Pandolfo; 3 anni e 4 mesi per Antonio La Valle. Sono invece stati assolti Maurizio Mendico (per lui erano stati chiesti 7 anni), Luigi Riccardi (chiesti 6 anni) e Luigi Cannavacciuolo (chiesti 5 anni e 6 mesi). Confermata l’assoluzione per Giuseppe Sola e Giuseppe Ruggieri, così come era stato chiesto dall’accusa.
L’impianto accusatorio ha sostanzialmente retto anche se le pene sono state in alcuni casi ridotte. Per tre imputati (Maurizio Mendico, Luigi Riccardi e Luigi Cannavacciuolo) è stata invece disposta l’assoluzione a fronte di richieste di condanna fino a sette anni, come nel caso di Maurizio Mendico. I giudici hanno inoltre disposto il risarcimento a favore della Regione Lazio che si è costituita come parte civile sostenendo che la mafia nel Sud Pontino ha avuto gravi ripercussioni per l’intero territorio dal punto di vista economico e di immagine: la quantificazione del danno sarà effettuata in un altro procedimento. Disposta anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Ettore Mendico e Michele Zagaria. Stessa misura, per la durata della pena, a carico di Antinozzi, Buonamano, Pandolfo e Riccardi; della durata di 5 anni per La Valle. Disposta la libertà vigilata per 3 anni a carico di Antinozzi, Buonamano e Riccardi. Ordinata invece l’immediata scarcerazione (se non detenuti per altri motivi) per Maurizio Mendico, Luigi Riccardi e Luigi Cannavacciuolo.
Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio ed estorsione in un’indagine eseguita dai carabinieri di Latina, nel 2005, in collaborazione con la Procura di Napoli e partita dall’omicidio, nel 1990, a Santi Cosma e Damiano dell’imprenditore Giovanni Santonicola. Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati Franco Ciufo, Angelo Palmieri ed Enzo Biasillo.8 DA IL messaggero del 18.7.09)

Omicidi di camorra: due ergastoli

Si è concluso così, dopo tre giorni e mezzo di camera di consiglio, il processo «Anni '90», celebrato davanti alla Corte d'assise del tribunale di Latina, presieduta dal giudice Raffaele Toselli, a latere Maria Teresa Cialoni. I giudici hanno ritenuta reale l'esistenza di un'associazione mafiosa nel sud pontino, costola dei Casalesi, il cosiddetto «Gruppo Mendico», e ritenute provate le responsabilità per l'estorsione alla ditta dell'imprenditore fondano Giovanni Grassi, oltre che per l'omicidio di Giovanni Santonicola e per la sparizione, considerata un caso di «lupara bianca», di Rosario Cunto, ma con diversi distinguo rispetto al quadro tracciato dal pm della Dda di Roma, Diana De Martino. La Corte d'assise di Latina ha condannato all'ergastolo per l'uccisione di Santonicola solo il latitante Michele Zagaria, ritenuto da tempo uno dei capi dei Casalesi e che, secondo gli inquirenti, avrebbe ucciso l'imprenditore, ritenuto legato al clan La Torre, per vendicare la morte di Alberto Beneduce. Per tale delitto è stato invece assolto Orlandino Riccardi che, anziché all'ergastolo come chiesto dal pm, è stato condannato a 15 anni di reclusione per l'associazione mafiosa e l'estorsione a Grassi. Ergastolo poi per Mendico, ritenuto responsabile dell'omicidio Cunto, per vendicare la morte del nonno, ucciso dal fabbro 29 anni prima. Dieci anni di reclusione per Antonio Antinozzi e Domenico Buonamano. Otto anni di reclusione per Luigi Pandolfo, e tre anni e quattro mesi, essendogli state riconosciute le attenuanti generiche, ad Antonio La Valle. Assolti poi, come chiesto dal pubblico ministero, Giuseppe Sola e Giuseppe Ruggieri, difesi dagli avvocati Angelo Palmieri, Enzo Biasillo e Igor Ruggieri. Ma assolti anche Luigi Cannavacciuolo, difeso dagli avvocati Franco Ciufo e Luigi Iannettone, Maurizio Mendico, difeso dall'avvocato Camillo Irace, e Luigi Riccardi, difeso dall'avvocato Mariano Giugliano, per i quali il pm De Martino aveva chiesto rispettivamente cinque anni e mezzo, sette anni e sei anni di reclusione. Condannati inoltre all'interdizione perpetua dai pubblici, interdetti legalmente e decaduti dalla patria potestà Zagaria e Ettore Mendico. Interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, interdizione legale per la durata della pena e sospensione per lo stesso periodo dalla potestà genitoriale per Antinozzi, Buonamano, Pandolfo e Orlandino Riccardi. Interdetto dai pubblici uffici per cinque anni La Valle e libertà vigilata, una volta espiata la pena, per tre anni per Antinozzi, Buonamano e Orlandino Riccardi. Orlandino Riccardi, infine, è stato condannato a risarcire, in sede civile, Grassi, che aveva chiesto 800.000 euro di risarcimento, e Antinozzi, Buonamano, La Valle, Ettore Mendico, Orlandino Riccardi e Pandolfo condannati a risarcire sempre in sede civile la Regione Lazio, che aveva chiesto 20 milioni di euro di danni. Soddisfatto l'avvocato della Regione, Francesco Di Ciollo: «Il segnale delle istituzioni verso la legalità ha avuto una conferma giudiziaria». E soddisfatti, sempre per la Regione, l'avvocato Giulio Vasaturo e Luisa Laurelli. «Per la prima volta in provincia di Latina un ente locale si è posto al fianco della Procura Antimafia per sostenere in un processo penale i diritti della nostra comunità contro un clan mafioso», ha dichiarato l'avvocato Vasaturo. «La sentenza - ha aggiunto Laurelli - conferma ciò che avevamo sostenuto da tempo e cioè che in provincia di Latina sono forti le infiltrazioni delle mafie». Tra novanta giorni le motivazioni della sentenza. La battaglia appare ora destinata a spostarsi in Corte d'assise d'appello, a cui si preparano a ricorrere i difensori, tra cui Giugliano, Archidiacono, Fiorentino e Irace, ma a cui sembra intenda ricorrere anche la Dda di Roma. (da il Tempo del 18.7.09)

venerdì 17 luglio 2009

scioglimento del consiglio comunale a Fondi: il consiglio dei ministri pronto a decidere

Da mesi è attesa la svolta in tal senso, rinviata dapprima per l'imminenza delle elezioni e poi per il «G8» dell'Aquila. A dare una accelerata definitiva alla vicenda è stato il blitz compiuto dalle forze dell'ordine dieci giorni fa, con l'esecuzione di diciasette ordinanze di custodia cautelare nell'ambito dell'inchiesta su affari e politica nella piana di Fondi e al Mof. Numerosi gli interventi delle forze d'opposizione per sollecitare il ministro dell'Interno Maroni ad intervenire e ieri al coro si è unita l'autorevole voce del sottosegretario all'Economia, Luigi Casero: «Il prossimo Consiglio dei ministri deciderà sullo scioglimento del comune di Fondi per infiltrazioni mafiose»,- ha detto il sottosegretario - rispondendo in Aula a Montecitorio ad una interpellanza presentata dal Pd. Casero ha spiegato che il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha inoltrato già in passato la richiesta al Consiglio dei ministri, inviando la documentazione, che gli aveva fatto pervenire il prefetto di Latina Bruno Frattasi, anche alla commissione Parlamentare antimafia. «Il Consiglio dei ministri - ha spiegato Casero - ha rinviato ogni decisione in merito in attesa che gli organi giudiziari si esprimessero. L'attività giudiziaria è sfociata negli ultimi giorni in una serie di arresti. Da qui la volontà di prendere una decisione sull'eventuale scioglimento dell'amministrazione comunale nel prossimo Cdm». La prossima seduta del Consiglio dei ministri è fissata per la prossima settimana, mercoledì o venerdì i giorni probabili. Il punto relativo alla scioglimento del Consiglio dei ministri è inserito già nell'ordine del giorno. Resta ora da vedere se i ministri avranno la volontà di affrontare finalmente l'argomento oppure il tutto slitterà, nuovamente e inspiegabilmente, come avviene ormai da mesi. da il tempo del 17.7.09

domenica 12 luglio 2009

MOF ED INFILTRAZIONI

Ad esserne convinti sono gli investigatori della Dia, che hanno avanzato tale ipotesi in due informative di reato indirizzate alla Dda di Roma e redatte a margine di tre distinte indagini. Un altro capitolo di «Damasco», un'inchiesta culminata negli arresti di lunedì. Per quanto riguarda la Dia di Roma tutto nasce da un approfondimento su possibili infiltrazioni nel settore agricolo, chiesto il 10 luglio 2003 dalla Procura nazionale antimafia. Gli investigatori iniziano a scavare e dall'«operazione Toro» - altra inchiesta che nel maggio 2004 portò a nove arresti per una presunta truffa nel settore carni - ricevono altri input. In un'intercettazione telefonica l'Antimafia ascolta la conversazione tra un pregiudicato di Fondi e un imprenditore del casertano, che poi verrà considerato legato al clan dei Casalesi. Dal pregiudicato fondano, un autotrasportatore indicato dalla Dia come «referente locale di organizzazioni camorristiche», si sarebbe presentato un gruppo armato di casertani, ma lo stesso fondano scoprirà poi dall'imprenditore contattato che c'era stato uno scambio di persona e il «commando» cercava in realtà un formiano, dalla Dia definito come indagato dall'Fbi per presunte connivenze con la famiglia Gambino di New York. La Dia scrive nel 2005 alla Dda di Roma, sostenendo che l'imprenditore casertano «condiziona le attività al Mof con i trasporti» ed è «collegato ai Casalesi». Lo stesso, sempre secondo l'Antimafia, sarebbe responsabile anche del ferimento di un autotrasportatore al Mof, il 1 maggio 2003. Con 24 indagati, tutti campani, prende così vita l'operazione «Sud pontino», diretta poi dalla Dda di Napoli. E i calabresi? Questa è materia dell'operazione «Astura», raccolta in un'informativa inviata dalla Dia all'Antimafia di Roma, il 3 aprile 2008. La Dia sostiene così che Venanzio Tripodo «ha interessi all'interno del Mof, attraverso società facenti capo a Franco Peppe, costituisce l'anello di congiunzione tra le consorterie mafiose calabresi, siciliane e campane che hanno interessi nel Lazio e scende a patto con clan criminali per assumere la protezione di autotrasportatori». Per la Dia ai Tripodo a volte si contrappongono i Casalesi e citano a tal proposito un'intercettazione in cui Franco Peppe parla con un autotrasportatore, contestandogli di non aver caricato della sua merce: «Tu non paghi le tangenti grazie a me, grazie a Venanzio che ti ha favorito e non ti ha fatto mettere sotto a questi. E ti permetti...te le scordi le cose...».da il Tempo 12.7.09

giovedì 9 luglio 2009

CASO FONDI

di MARCO CUSUMANO
e GIOVANNI DEL GIACCIO

Adesso lo cercano anche fuori dall’Italia. Aldo Trani, 51 anni, considerato uno degli esponenti di spicco dell’organizzazione sgominata nei giorni scorsi dai carabinieri con l’operazione “Damasco”, accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, è latitante. Nei suoi confronti è stato emesso un mandato di cattura internazionale. E’ l’uomo “specializzato” nelle pompe funebri, considerato il «titolare di fatto» dell’azienda Parravano-Trani posta sotto sequestro durante l’operazione. Tra le contestazioni a suo carico quella di avere ricevuto da Riccardo Izzi la bozza del nuovo regolamento dei servizi cimiteriali che doveva andare in giunta. Un “parere” dopo il quale sarebbero state apportate «modifiche che di fatto impedivano a tutte le agenzie ubicate al di fuori del Comune di accedere a Fondi per rendere il loro servizio». Vicenda nella quale entra, come indagato, l’ex assessore ai servizi demoanagrafici Serafino Stamegni che insieme a Izzi abusando del proprio ufficio «al fine di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale al Trani e di fargli ottenere un’illegittima posizione di monopolio» gli consegnava la bozza del nuovo regolamento. Il “parere” di Trani sarebbe stato vincolante. Sempre per vicende legate al cimitero singolare la storia, che coinvolge per l’accusa Izzi, Trani e il funzionario dei lavori pubblici Mariorenzi, relativa all’avviso pubblico per la concessione di aree destinate a realizzare cappelle gentilizie. Dopo la pubblicazione dell’avviso - del quale erano stati avvertiti in anticipo - arrivarono in mezz’ora le nove domande che esaurirono l’offerta.
Ieri, intanto, si sono svolti i primi interrogatori. Poche parole per dichiararsi innocenti, poi il silenzio. Non sono durati a lungo i sei interrogatori delle persone arrestate a Fondi nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Damasco”. Ieri mattina, davanti al giudice Laura Campoli, sono comparsi Franco e Pasquale Peppe, Vincenzo Biancho, Antonio D’Errigo, Giovanni Bracciale e Alessio Ferri. «Non c’entriamo nulla con questa storia» hanno detto. Ma l’interrogatorio è stato contestato dagli avvocati difensori che hanno chiesto inutilmente di poter visionare le contestazioni della Procura. «Purtroppo - spiega l’avvocato Giulio Mastrobattista che difende Riccardo Izzi, Alessio Ferri e Carmelo Tripodo - era disponibile solo l’ordinanza di custodia cautelare, a fronte di un’inchiesta da 60 faldoni. E’ assurdo difendersi da accuse senza sapere quali sono, chiederemo la nullità dell’interrogatorio».
Essendo una rogatoria le carte, dopo gli interrogatori, torneranno a Roma. Oggi, alle 15, toccherà agli altri arrestati in carcere: Carmelo e Venanzio Tripodo, Antonio Schiappa, Igor Catalano e Riccardo Izzi. Lunedì, infine, saranno interrogati gli arrestati ai domiciliari: Gianfranco Mario Renzi, Tommasina Biondino, Dario Leone, Pietro Munno e Massimo Di Fazio. ( DA IL MESSAGGERO DEL 9.7.09)

CRISI POLITICA A LATINA

Formalmente i tre uomini in quota ex An: Salvatore De Monaco, Fabio Bianchi e Fabio Martellucci, risultano in carica, nonostante due ore dopo la loro nomina, venerdì scorso, sia stato lo stesso coordinatore regionale del Pdl, Vincenzo Piso, a far dare le dimissioni ai tre assessori. Ma nessuno tra De Monaco, Bianchi, e Martellucci ha mai protocollato le dimissioni; non solo, ma tutti e tre non hanno alcuna intenzione di mettersi da parte, delegittimando, così, oltre alla componente di An, anche lo stesso Piso. A chiedere un passo indietro ai tre assessori sono stati anche i consiglieri che a via Costa fanno riferimento ad An, per cui è chiaro che, come già da settimane evidente, i tre nominati fanno riferimento ora al presidente Armando Cusani e allo stesso coordinatore provinciale del Pdl, Claudio Fazzone. Situazione complessa, e nel braccio di ferro tra ex An ed ex Forza Italia si inserisce a pieno titolo anche il gruppo di «Nuova Area», i frondisti del Pdl che fanno capo all'on. Gianfranco Conte e al sindaco di Priverno, Umberto Macci. Per rafforzare la loro componente interna al Pdl, gli ex An stanno tentando da giorni un'opera di ricucitura con Macci e Conte, per riportarli nell'alveo del Pdl e poter avere peso maggiore verso la componente che fa riferimento a Fazzone, Cusani e allo stesso Fabio Bianchi. Questi ultimi, allora, ieri, hanno inviato una lettera a Silvio Berlusconi, ai coordinatori nazionali del Pdl: Bondi, La Russa e Verdini e ai capigruppo del Pdl di Camera e Senato, Gasparri e Cicchitto, in cui «è stata rinnovata l'istanza di adozione nei confronti di Gianfranco Conte e Giuseppe Ciarrapico di immediata sospensione ed espulsione dal Partito». La richiesta era stata già presentata il 20 maggio, alla vigilia delle elezioni. In questa missiva «si torna a stigmatizzare il comportamento dell'onorevole Gianfranco Conte e del senatore Giuseppe Ciarrapico, i quali dopo aver dichiaratamente aderito ad una lista civica espressione di una formazione non appartenente e contrapposta al Popolo della Libertà nel corso della campagna elettorale per il rinnovo dell'amministrazione provinciale, hanno fortemente avversato il candidato del Popolo della Libertà schierandosi apertamente con un candidato antagonista». Intanto oggi è in programma in comune, a Latina, il vertice tra il sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo, lo stesso Fazzone e il segretario delll'Udc, Michele Forte, per gli equilibri degli assessorati nel capoluogo.( da il tempo 9.7.09)



Di nuovo lo scrivono nero su bianco, in una lettera ufficiale indirizzata ai vertici nazionali del Pdl. Al presidente Berlusconi e poi a Bondi, La Russa, Verdini, Gasparri e Cicchitto. La firma è quella del presidente della Provincia Armando Cusani, del commissario provinciale del partito Claudio Fazzone e del suo vice Fabio Bianchi. Dopo una missiva datata 20 maggio scorso, il Pdl di Latina torna a chiedere la sospensione e l’espulsione di Gianfranco Conte e Giuseppe Ciarrapico, deputato il primo, senatore il secondo dello stesso partito. Il nodo è ancora quello comparso in piena campagna elettorale per il rinnovo del consiglio provinciale: la presentazione di una lista civica apertamente sostenuta dai due parlamentari e capeggiata dal candidato presidente Umberto Macci, antagonista di Cusani, attuale sindaco di Priverno.
Il risultato è che, ad oggi, la contrapposizione tra i vertici del partito e la fazione di dissidenti non accenna a rientrare e il Pdl provinciale reclama risposte. L’ultimo atto di una guerra fredda consumata a distanza tra Fazzone e Conte è un manifesto pubblico con su stampato il simbolo di Nuova Area associato al Pdl, cosa che rischia di «creare confusione e di fuorviare gli elettori – scrivono Cusani, Fazzone e Bianchi – nel tentativo di carpirne il consenso». Così, la dirigenza locale chiede l’intervento dei piani più alti del partito e si appella direttamente allo statuto del Pdl, alle ragioni e agli obiettivi espressi nel primo congresso nazionale di marzo: «Il comportamento dei due parlamentari è tale da infrangere la norma statutaria e gli obblighi che impongono a ciascun iscritto di osservare e rispettare le norme dello statuto».
Gli strascichi di una campagna elettorale avvelenata e infuocata dalle polemiche rischiano dunque di approdare nel consiglio provinciale di nuova composizione, in cui gli esponenti di Nuova Area faranno opposizione alla maggioranza dello stesso partito. Un paradosso. Unito anche ai malumori che serpeggiano nel Pdl e alle dimissioni annunciate e mai presentate da parte dei tre assessori di via Costa in quota An, che hanno inaugurato in modo quantomeno anomalo il nuovo mandato di Cusani.
I vertici provinciali del Pdl tornano dunque sulla questione irrisolta di Conte e Ciarrapico, sottolineando la «gravità dei comportamenti» dei due parlamentari, la loro dichiarata adesione ad una lista contrapposta a quella di Cusani e l’inadempienza ai richiami formulati nei loro confronti da parte della dirigenza regionale. «Si ritiene – si legge in conclusione della lettera – vista la gravità dei comportamenti dell’onorevole Conte e del senatore Ciarrapico, debba essere con ogni urgenza disposta la sospensione degli stessi soggetti dalle rispettive cariche, cagionata dall’accertata e ripetuta ricorrenza di gravi infrazioni alla disciplina del movimento». ( da il messaggero 9.7.09)

CRISI POLITICA ALLA PROVINCIA DI LATINA

DA IL TEMPO 7.7.09
Tensione alle stelle all'interno del Pdl pontino, ormai spaccato in correnti ben definite. Il quadro si è complicato nella partita per gli assessorati in Provincia. Formalmente i tre uomini in quota ex An: Salvatore De Monaco, Fabio Bianchi e Fabio Martellucci, risultano in carica, nonostante due ore dopo la loro nomina, venerdì scorso, sia stato lo stesso coordinatore regionale del Pdl, Vincenzo Piso, a far dare le dimissioni ai tre assessori. Ma nessuno tra De Monaco, Bianchi, e Martellucci ha mai protocollato le dimissioni; non solo, ma tutti e tre non hanno alcuna intenzione di mettersi da parte, delegittimando, così, oltre alla componente di An, anche lo stesso Piso. A chiedere un passo indietro ai tre assessori sono stati anche i consiglieri che a via Costa fanno riferimento ad An, per cui è chiaro che, come già da settimane evidente, i tre nominati fanno riferimento ora al presidente Armando Cusani e allo stesso coordinatore provinciale del Pdl, Claudio Fazzone. Situazione complessa, e nel braccio di ferro tra ex An ed ex Forza Italia si inserisce a pieno titolo anche il gruppo di «Nuova Area», i frondisti del Pdl che fanno capo all'on. Gianfranco Conte e al sindaco di Priverno, Umberto Macci. Per rafforzare la loro componente interna al Pdl, gli ex An stanno tentando da giorni un'opera di ricucitura con Macci e Conte, per riportarli nell'alveo del Pdl e poter avere peso maggiore verso la componente che fa riferimento a Fazzone, Cusani e allo stesso Fabio Bianchi. Questi ultimi, allora, ieri, hanno inviato una lettera a Silvio Berlusconi, ai coordinatori nazionali del Pdl: Bondi, La Russa e Verdini e ai capigruppo del Pdl di Camera e Senato, Gasparri e Cicchitto, in cui «è stata rinnovata l'istanza di adozione nei confronti di Gianfranco Conte e Giuseppe Ciarrapico di immediata sospensione ed espulsione dal Partito». La richiesta era stata già presentata il 20 maggio, alla vigilia delle elezioni. In questa missiva «si torna a stigmatizzare il comportamento dell'onorevole Gianfranco Conte e del senatore Giuseppe Ciarrapico, i quali dopo aver dichiaratamente aderito ad una lista civica espressione di una formazione non appartenente e contrapposta al Popolo della Libertà nel corso della campagna elettorale per il rinnovo dell'amministrazione provinciale, hanno fortemente avversato il candidato del Popolo della Libertà schierandosi apertamente con un candidato antagonista». Intanto oggi è in programma in comune, a Latina, il vertice tra il sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo, lo stesso Fazzone e il segretario delll'Udc, Michele Forte, per gli equilibri degli assessorati nel capoluogo.

mercoledì 8 luglio 2009

IL MOF RISPONDE AGLI ARRESTI

DA IL MESSAGGERO DEL 7.7.09


Il mercato ortofrutticolo di Fondi vuole tirarsi fuori da ogni accostamento alla criminalità anche se l’inchiesta giudiziaria ipotizza proprio il condizionamento criminale di alcune attività all’interno del Mof. Enzo Addessi e Giuseppe La Rocca, amministratore delegato e presidente del Mof, commentano gli arresti di ieri: «A nome dell’intero consiglio di amministrazione e di tutti gli operatori onesti, desideriamo esprimere un forte plauso ed il più sentito ringraziamento a tutte le forze dell’ordine che, ancora una volta, hanno dato dimostrazione di mantenere sempre alta e vigile la guardia sulla realtà del Mof, dando un senso compiuto agli sforzi quotidiani dell’ente gestore e di tutti gli operatori che laboriosamente e con grande spirito di sacrificio e di “Impresa” (con la “I” maiuscola) hanno fatto la storia e dato lustro ad uno dei più importanti centri agroalimentari d’Italia e d’Europa».
«Abbiamo sempre chiesto ai media - continuano - di non criminalizzare il nome Mof in quanto sinonimo di un sistema imprenditoriale di grandi capacità oltre che di un marchio identificativo di prodotti di assoluto livello qualitativo. Nello stesso tempo, abbiamo richiesto ai rappresentanti delle forze dell’ordine di assicurare la massima assistenza e la più ampia vigilanza per consentirci di realizzare ogni deciso contrasto contro qualunque tentativo di infiltrazione di dubbia provenienza, atteso che il sistema economico del Mof, per il suo naturale e vorticoso andirivieni di transazioni economiche, si presta più di altri a divenire preda appetibile per sperimentare nuove tecniche di illecite attività».
Il Mof di Fondi ospita circa 120 aziende grossiste con punti vendita. La collocazione tra Roma e Napoli lo rende una strategica piattaforma logistica tra il nord e il sud Europa, infatti si è imposto negli anni come maggior centro di approvvigionamento sia delle metropoli italiane, sia della grande distribuzione. Evidentemente un ghiotto boccone per la malavita. «Proprio per questo - continuano i dirigenti - abbiamo anche chiesto che venissero effettuate le indagini più accurate e, all’occorrenza, che venissero estirpate dal nostro tessuto economico eventuali illecite attività».

LA RISPOSTA DEL SINDACO DI FONDI AGLI ARRESTI

di MARCO CUSUMANO (DA IL MESSAGGERO DEL 7.7.09)

Mentre resta pendente la richiesta di scioglimento del Comune di Fondi per infiltrazioni criminali, il sindaco Luigi Parisella commenta il nuovo terremoto giudiziario mettendo le mani avanti: «Tuteleremo l’amministrazione comunale con eventuali sospensioni delle persone coinvolte e con una costituzione di parte civile del Comune». La Procura antimafia ha fatto rinchiudere in carcere l’ex assessore comunale, Riccardo Izzi, mentre ai domiciliari sono finiti il comandante e il vice comandante della polizia municipale e i due dirigenti del settore bilancio e lavori pubblici del Comune. Di fronte a tanti arresti clamorosi l’invito del sindaco è da manuale: cautela e prudenza. «Ci sono due filoni - ha dichiarato Parisella - Uno riguarda reati contro la pubblica amministrazione, per i quali avevamo già deciso una costituzione di parte civile del Comune. L’altro una presunta associazione mafiosa che coinvolge gli operatori del Mof, ma non conosciamo ancora quali siano le contestazioni e per quanto riguarda i dipendenti dell’amministrazione aspettiamo di conoscere le accuse. Una delibera di giunta emanata oggi predispone intanto atti per la tutela dell’amministrazione e l’eventuale sospensione delle persone coinvolte». Parisella tiene a precisare che l’inchiesta della Dda di Roma e la richiesta di scioglimento del consiglio comunale di Fondi, avanzata da un anno dal prefetto di Latina Bruno Frattasi «pur con alcuni aspetti comuni, restano due cose non legate tra loro. Le dichiarazioni degli avversari politici - conclude Parisella - sono solo strumentalizzazioni che dimostrano come il caso sia diventato una guerra politica». Un concetto più volte sostenuto anche dal senatore del Pdl Claudio Fazzone che ieri, dopo gli arresti, è tornato alla carica prendendosela con i commenti dei suoi colleghi. «Il fronte politico della sinistra si è schierato compatto nell’analizzare gli accadimenti senza nessuna aderenza con la realtà per un’analisi oggettiva dei fatti. Luisa Laurelli, presidentessa della fumosa e inconcludente commissione Sicurezza e lotta alle mafie della Regione Lazio, si erge a nume tutelare della legalità chiedendo a gran voce lo scioglimento del Consiglio comunale di Fondi. La Laurelli non comprende che da questa mattina il Consiglio comunale di Fondi ritorna ad essere ufficialmente un consesso composto da persone perbene e non coinvolto da alcuna attività criminale». E ancora: «Fondi, i suoi cittadini, il tessuto economico e sociale è talmente sano e capace di discernimento tra il bene e il male che saprà ancora una volta sollevarsi dalle molte infamità a cui è stata sottoposta in questo lunghissimo anno e mezzo di martirio mediatico».

17 ARRESTI A FONDI: L'ANATRA ZOPPA SEMBRA ESSERE STATA IMPALLINATA

di GIOVANNI DEL GIACCIO ( DA IL MESSAGGERO DEL 7.7.09)

Il controllo delle attività del Mof da una parte, quello di buona parte degli appalti comunali a Fondi dall’altra. Con i soldi provento di attività illecite reinvestiti in remunerativi affari “puliti”. Stessi soggetti a coordinare le operazioni, altri a portarle avanti o a collaborare, medesima ordinanza di custodia cautelare per tutti. Firmata dal giudice delle indagini preliminari di Roma Cecilia Demma su richiesta dei magistrati della direzione distrettuale antimafia: il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, i sostituti Diana De Martino e Francesco Curcio. Un sodalizio che aveva messo le mani su Fondi ed è stato sgominato ieri, con un’operazione congiunta degli uomini del centro operativo della Dia di Roma e del comando provinciale dei carabinieri di Latina, diretto dal colonnello Roberto Boccaccio. Diciassette ordinanze di custodia cautelare, una delle quali ancora da eseguire, altri sedici indagati tra i quali l’assessore ai Servizi demografici Serafino Stamegna. Un “terremoto” per il Mof e per il Comune, nel quale sono coinvolti noti personaggi della malavita ma soprattutto l’ex assessore Riccardo Izzi e dirigenti comunali di spicco.
Indagini partite da lontano, dall’operazione denominata “Damasco”, la stessa dalla quale per esigenze investigative scattarono gli arresti per usura del febbraio 2008 ma che riguardava altro. Molto altro come si è appreso ieri. Il radicamento della malavita organizzata nel territorio di Fondi, un sodalizio criminale gestito dai fratelli Antonino Venanzio, 54 anni e Carmelo Giovanni Tripodo, 51 anni, figli del boss della 'Ndrangheta Domenico. Un sodalizio infiltrato per impadronirsi di fatto della gestione del mercato ortofrutticolo. Con i metodi della criminalità organizzata, al punto che è contestato a tredici dei diciassette destinatari dell’ordinanza - sono esclusi i funzionari comunali - il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Contestate a vario titolo anche l'associazione per delinquere “semplice”, corruzione, falso, abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio.
In carcere, oltre ai due Tripodo, sono finiti l’ex assessore ai lavori pubblici del comune di Fondi Riccardo Izzi, 34 anni; Franco e Pasquale Peppe, padre e figlio, 59 e 31 anni, ritenuti le “teste di legno” dei Tripodo all’interno del Mof; Giuseppe Bracciale, 50 anni; Alessio Ferri, 32 anni; Antonio Schiappa, 43 anni; Igor Catalano, 37 anni; Vincenzo Bianchò, 58 anni e Antonio D'Errigo, 46 anni. Arresti domiciliari per il comandante della polizia municipale Dario Leone, 56 anni il suo vice Pietro Munno di 53; il dirigente del settore bilancio e finanze del comune Tommasina Biondino, 45 anni e quello dei Lavori pubblici Gianfranco Mariorenzi, 56 anni, nonché l'immobiliarista Massimo Di Fazio, 40 anni, già coinvolto nella vicenda dell’usura e ai domiciliari per quel motivo. Irreperibile fino a ieri sera Aldo Trani, 51 anni. Sono state sequestrate società, immobili e terreni per un valore di circa 10 milioni di euro.
Due i filoni della stessa indagine. Antonino Tripodo sarebbe stato il titolare di fatto delle aziende della famiglia Peppe, tra le più note del territorio, e con la collaborazione di D’Errigo e Bracciale avrebbero imposto i prezzi del mercato ortofrutticolo, deciso quali società potevano operare. Il loro nome era sufficiente per sgombrare il campo da qualsiasi opposizione da parte di commercianti e imprenditori ma all’occorrenza si provvedeva anche a “convincere” i riottosi. Sequestro per le tre società con fatturato milionario e attività anche all’estero, in particolare Spagna e Polonia.
I legami con il Comune? Sarebbero stati proprio i Tripodo ad aiutare Riccardo Izzi nella sua ascesa al Comune e a farlo essere il primo degli eletti con oltre 1000 preferenze. Al punto di arrivare a ricoprire, fino a febbraio 2008, l’incarico di assessore ai lavori pubblici. L’uomo giusto al posto giusto, in grado di “garantire” l’acquisizione di appalti relativi alle pulizie ma anche pagamenti più celeri rispetto a quelli di altre aziende. Secondo gli investigatori - gli uomini del maggiore Pierluigi Rinaldi del reparto operativo e quelli del capitano Luigi Spadari del nucleo investigativo - con la compiacenza di funzionari comunali, dei vigili urbani e dello stesso Izzi, le società riconducibili ai Tripodo avrebbero ottenuto importanti commesse dietro il versamento di tangenti.

CRISI A FONDI

di GAETANO CARNEVALE (DA IL MESSAGGERO 8.7.09)

Si riduce al lumicino la giunta municipale di Fondi guidata dal sindaco Luigi Parisella. Sul cui tavolo, nella giornata di ieri, sono arrivate le dimissioni di Serafino Stamigni, assessore ai servizi demoanagrafici. Il rappresentante dell’Udc ha motivato la sua decisione in una lettera dopo aver appreso dalla “stampa di oggi – scrive – di un mio presunto coinvolgimento, in qualità di assessore, nelle inchieste in corso”. Stamigni precisa poi che “ad oggi non mi è stato notificato alcun formale provvedimento da parte di organi inquirenti”. Il suo gesto è dettato dallo spirito di “agevolare il corso delle indagini”. Il sindaco a sua volta ha accettato “la remissione dell’incarico”. Con le dimissioni di Stamigni sono quattro gli assessori le cui deleghe sono in mano a Luigi Parisella. E ce ne potrebbe essere una quinta: quella dell’assessore al commercio e turismo Marco Carnevale che avrebbe presentato a sua volta una lettera di dimissioni “sub condicione”, cioè l’azzeramento della giunta.
Di una chiarimento politico, magari con un apposito consiglio comunale, sulla catena delle dimissioni e sui recenti arresti per infiltrazioni mafiose che hanno coinvolto pesantemente l’apparato amministrativo di Fondi, per ora non si parla. La convocazione della massima assise cittadina, comunque, sarà chiesta da tutte le forze di opposizione, che ieri sera si sono riunite nella sede del Partito democratico per stilare un documento comune e per intraprendere iniziative che costringano il Consiglio dei Ministri a decidere sullo scioglimento o meno del consiglio comunale. Nella sede di via Onorato I Caetani si è riunito anche il direttivo provinciale del Pd. Sugli arresti di personaggi della malavita organizzata e di dirigenti «di settori delicati della vita politico-amministrativa» sono intervenuti il segretario sezionale Bruno Fiore, quello provinciale Loreto Bevilacqua e il consigliere regionale Domenico Di Resta, che ha ricordato tra l’altro come «nel passato per decenni il Comune di Fondi ha retto bene l’argine contro la malavita organizzata. Argine che si è rotto con il centro-destra”.

CASO FONDI

DA IL MESSAGGERO DELL'8.7.09

di MARCO CUSUMANO

Un territorio sotto scacco della malavita organizzata che controllava la politica e l’economia. E’ questo il ritratto che emerge dalle 161 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Roma Cecilia Demma su richiesta dei magistrati della direzione distrettuale antimafia Giancarlo Capaldo, Diana De Martino e Francesco Curcio. Nell’ordinanza si fa riferimento anche alla relazione della commissione prefettizia sulle infiltrazioni della malavita nella gestione del Comune: «A Fondi sono insediati da molti anni i componenti della famiglia Tripodo. Costoro gestiscono rilevanti attività economiche nel settore delle pulizie, dei trasporti e del commercio sia direttamente che attraverso famiglie alle quali si sono legati nel corso degli anni anche a mezzo di matrimoni e convivenze, in particolare esistono strettissimi rapporti tra i Tripodo e la famiglia Trani».
Dopo una descrizione dettagliata di tutti i collegamenti familiari e affettivi, si arriva alla conclusione: «Tutto questo intrecciarsi di rapporti familiari, economici e criminali, hanno sicuramente condizionato l’attività amministrativa del Comune di Fondi. Soprattutto risulta una serie di appalti, servizi, licenze e assunzioni in favore delle famiglie Tripodo e Trani». Si fa riferimento a un’agenzia di pompe funebri segnalata dalla Questura al Comune di Fondi per il ritiro della licenza (mai effettuato).
Alcuni lavori sarebbero stati affidati senza gare pubbliche ai “soliti noti”, non solo nel settore funebre. Addirittura, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato pilotato l’intervento per la demolizione dell’isola dei Ciurli, evento festeggiato come simbolo della vittoria della legalità. «E’ significativo - si legge nell’ordinanza - che le opere di abbattimento di un grosso complesso abusivo denominato Isola dei Ciurli avevano un costo di 750.000 euro. Per evitare di dover indire una gara europea gli abbattimenti sono stati divisi in tre lotti affidati a tre ditte di fiducia del Comune. Mentre una era idonea (...) le altre due erano del tutto inidonee tant’è che hanno eseguito tardivamente gli abbattimenti».
La ragnatela di interessi privati ha dimensioni che mettono paura. «Il quadro che emerge - conclude il giudice - è quello di un’amministrazione comunale permeabile all’interesse di pochi, che sposa quale interesse pubblico il favore verso singoli cittadini (...) che ha consentito a Carmelo Tripodo e Aldo Trani (...) di essere beneficiari di un trattamento privilegiato in spregio a ogni regola di buon andamento della cosa pubblica».

domenica 5 luglio 2009

RISCHIO AMIANTO: NON SOLO PER I LAVORATORI, MA ANCHE PER LA POPOLAZIONE

Le malattie collegate all’amianto costituiscono uno dei più concreti pericoli per la salute non solo dei lavoratori che ne sono venuti a contatto, ma per l’intera popolazione in funzione di un rischio generalizzato collegato alla possibile inalazione di fibre di amianto in occasione di lavori di ristrutturazione di immobili, di contatti con fibre di amianto friabili etc..

Solo con il passare del tempo le più approfondite conoscenze scientifiche hanno permesso di inquadrare nella sua gravità il rischio dell'amianto, quale fattore scatenante di gravi malattie che si manifesteranno in questi anni a causa del lungo tempo di latenza prima dell’insorgere della malattia (anche più di 40 anni) e che costituisce uno dei più grossi problemi sociali a cui si tenterà di dare delle risposte, con più pubblicazioni, sotto il profilo dei criteri di individuazione della responsabilità, della decorrenza del termine di prescrizione,del nesso causale e dei criteri risarcitori.

Occorrerà, in vista della peculiarità della situazione, forse individuare delle regole nuove che consentano di pervenire ad un sistema di riparazioni e sanzioni, sia sotto il profilo civile che penale, rispettoso dei principi di tutela dei lavoratori e dei soggetti danneggiati in genere, che dei diritti degli imprenditori, nella consapevolezza della dimensione di tragedia sociale che caratterizza tale fenomeno.

A PROPOSITO DI ACQUA E DEPURAZIONE.....

Con la sentenza 7 marzo 2009 il Tribunale Civile di Crotone in appello, in accoglimento delle istanze proposte dal Comune di Isola Capo Rizzuto rappresentato e difeso dall’Avv. R.M., nella vertenza relativa al mancato pagamento del canone per l’erogazione dell’acqua e la depurazione da parte dei cittadini del Comune, ha stabilito che i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione anche qualora agisca jure privatorum, devono essere redatti a pena di nullità in forma scritta e in mancanza di prova sulla sottoscrizione da parte dell’utente del formulario tipo, non può ritenersi che tra le parti sia stato concluso per facta concludentia alcun contratto di somministrazione.

Ne consegue che in mancanza del contratto scritto tra l’utente e il Comune che eroga il servizio, l’avvenuta erogazione dell’acqua determina un ingiustificato arricchimento per l’utente, con conseguente depauperamento per il Comune gestore del servizio, che, stante l’assenza di un titolo specifico sul quale possa ritenersi fondato il relativo diritto di credito, deve ritenersi legittimato ad esercitare l’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c..

In mancanza della stipulazione di un formale contratto di somministrazione di acqua, trova applicazione, non già il termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2948 c.c., ma il termine ordinario decennale, che decorre dal momento in cui il diritto all’indennizzo può essere fatto valere, costituendo valido atto interruttivo della prescrizione la notifica da parte dell’ente pubblico della fattura relativa al pagamento dovuto per l’erogazione dell’acqua.

L'ANATRA ZOPPA: INIZIA LA CRISI, CHE E' SOPRATTUTTO POLITICA

Un primo passo, ed è già crisi e scontro. La giunta di via Costa, al suo esordio, raggiunge il minimo storico di durata. Annunciati i nomi, dopo neanche due ore si annunciano già le dimissioni. Anche quelle però apparentemente provvisorie: proclamate, ma non protocollate né ufficializzate. Così, nel confine sottile tra notizie ufficiose e decisioni formali, si consuma uno scontro a distanza tra il coordinatore regionale del Pdl Vincenzo Piso e il commissario provinciale Claudio Fazzone. Il primo arriva a Latina venerdì, riunisce la cordata di An, dichiara senza mezzi termini che la giunta così composta non soddisfa le esigenze di tutte le componenti e annuncia il ritiro dei tre assessori Fabio Bianchi, Salvatore De Monaco, Fabio Martellucci. Il giorno dopo fa anche di più. Rincara la dose e ammette che «per ristabilire le regole bisogna, se necessario, far scoppiare il bubbone», punta il dito contro questioni di metodo («troppo frettolosa la scelta dell’esecutivo») ma anche di merito («l’atteggiamento pregiudiziale e privo di logica rispetto ai nomi indicati da An»). Il nodo è tutto nel veto posto dal presidente della Provincia su un papabile assessore. Matteo Rossi, di Castelforte, viene sostituito in corsa da Fabio Martellucci, ex vicesindaco di Priverno, ma sullo sfondo resta anche lo scontento per tre soli assessorati in quota An rispetto alle pretese avanzate dagli alleati dello scudo crociato. E Piso non lascia spazio a fraintendimenti quando parla di un «sovradimensionamento dell’Udc» e di «regole da rispettare, anche comportamentali». «Erano stati fatti tre nomi – accusa – Poi sono arrivati i veti. Allora, il punto è questo: o i veti sono motivati da condanne o carichi pendenti sulle persone scelte, oppure nel Pdl è arrivato il momento di voltare pagina». Nessun imbarazzo invece sul fatto che Piso sia coordinatore dell’intero Pdl e che il “bubbone” scoppiato abbia già travolto il nuovo avvio del governo di via Costa. «Non mi nascondo dietro un dito – spiega – Siamo pur sempre un partito costruito in corsa, unito per la prima volta in questa elezione. Ci sono metodi ancora da costruire». Una ad una le accuse vengono però rispedite dritte al mittente e l’intera vicenda da Claudio Fazzone viene bollata così: «Non è successo niente». “Niente” perché le dimissioni non sono formalizzate, perché nessuno lo ha interpellato, perché «non c’è stata alcuna riunione ufficiale del Pdl». «Se e quando le dimissioni arriveranno – spiega candidamente il coordinatore provinciale – il presidente ha già pronti altri tre nomi. A lui spetta decidere. E teniamola bene a mente la percentuale 70-30 di questo partito. Le diatribe non sono del Pdl, ma tutte interne ad An, che deve risolverle con i suoi referenti romani. Se qualcuno pensa di trasferire qui polemiche e interferenze romane si sbaglia». ( da Il Messaggero 5.7.09)

L'ANATRA ZOPPA: INIZIA LA CRISI, CHE E' SOPRATTUTTO POLITICA

Due le motivazioni della crisi che, vista da fuori, risulta davvero difficile da capire. La prima, è la scelta dei tre assessori, ora dimissionari (Salvatore De Monaco, Fabio Bianchi e Fabio Martellucci), fatta da Cusani senza consultare, come da accordi, i vertici della componente ex An che fa riferimento al sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo. In sostanza, Cusani col benestare del coordinatore provinciale del Pdl, Claudio Fazzone, avrebbe proceduto alla nomina dei tre assessori solo con l'ok di Fabio Bianchi in veste di vice coordinatore del Pdl. Non solo, ma Cusani avrebbe nominato alcuni assessori, in particolare Eleonora Zangrillo e Silvio D'Arco, non concordati con gli ex An. Ecco perché questi ultimi si sono rivolti al coordinatore regionale del partito, Vincenzo Piso, per far rispettare le regole. Da qui la figuraccia delle dimissioni dei tre assessori. Così, è partito il regolamento dei conti. Quello dentro il Pdl, che prevede un incontro (forse già oggi) tra Piso, Fazzone e Zaccheo per ristabilire gli equilibri. An chiederà di avere quattro assessori: oltre a De Monaco e Bianchi anche Giuseppe Mochi e Matteo Rossi. Non gradita agli uomini ex An neppure la nomina di un assessore di area Cirilli, Marco Tomeo in quota Udc. Senza una marcia indietro in tal senso, gli ex An sono disposti a riabilitare il gruppo di Macci e Conte e farli rientrare nel Pdl per evitare l'isolamento nel partito. Infine, conti da regolare dentro la componente ex An. Piovono accuse di debolezza su chi ha condotto le trattative per gli assessorati, ma anche preelettorali e alcune poltrone sono destinare a saltare. (da Il tempo, 5.7.09)

sabato 4 luglio 2009

L'ANATRA ZOPPA: LA GIUNTA CUSANI PERDE PEZZI PRIMA DI AVVIARSI

Debutto con colpo di scena per il primo consiglio provinciale del «Cusani bis». Alle 12,45: Fabio Bianchi, Salvatore De Monaco e Fabio Martellucci erano assessori di via Costa, alle 14 in punto avevano già firmato le dimissioni. E per annunciarle pubblicamente si è scomodato nientemeno che Vincenzo Piso, il coordinatore regionale del Pdl, giunto a Latina per mediare tra le varie anime del partito. Molto diplomaticamente, Piso ha detto che «la giunta nominata non rispecchia il partito nella sua interezza», ma alla base della diatriba ci sono due questioni nodali, una prova di forza tra ex An ed ex azzurri. I primi chiedono di avere quattro assessori a via Costa, e non tre, ma soprattutto uomini che abbiano il benestare del vertice della componente ex An. I tre assessori nominati, invece, avrebbero preso accordi direttamente con Claudio Fazzone e con lo stesso presidente Armando Cusani, oltre che con il gruppo dei consiglieri provinciali eletti in quota An. Una leggerezza non digerita dal vertice di An, che si è sentito scavalcato. Il secondo mandato di Cusani inizia, dunque, con una giunta monca, mentre la compagine ex An che fa riferimento al sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo, chiede di poter dare l'ok ai suoi assessori, mettendo sul tavolo quattro nomi: oltre a De Monaco e Bianchi (che lascerebbe la carica di vice coordinatore del Pdl) anche Giuseppe Mochi e Matteo Rossi. Un braccio di ferro con gli ex Forza Italia destinato a proseguire nei prossimi giorni. Sorprese anche nel resto della giunta. Degli altri sette assessori nominati, quattro sono in quota ex Forza Italia: Enrico Tiero, Giuseppe Schiboni, Silvio D'Arco e Domenico Capitani (con i primi tre confermati e D'Arco voluto personalmente da Cusani). L'unica donna del gruppo è la formiana Eleonora Zangrillo, in quota alla «Lista Cusani». Due gli assessori dell'Udc, Gerardo Stefanelli e Marco Tomeo, collaboratore del consigliere regionale Fabrizio Cirilli. «Due assessori tecnici», fanno sapere dall'Udc, come dire due nomi provvisori in vista di accordi definitivi per la partita che si gioca al Comune di Latina. Congelata anche la questione dei doppi incarichi nel Pdl, che verrà affrontata successivamente dal partito, anche se Tiero e De Monaco hanno già firmato le dimissioni in bianco. La seduta nella rinnovata sala Cambellotti, si era aperta con l'appello e le assenze di Mauro Carturan e Umberto Macci (in viaggio all'estero) e l'omaggio floreale del presidente Cusani all'unico consigliere donna, Sesa Amici del Pd. Emozione nei volti dei tanti nomi nuovi in consiglio, poi il giuramento di Cusani. «Abbiamo bisogno di guardare con forza ai nostri doveri - ha detto il presidente - per dare risposte ai cittadini». Scontata anche la conferma di Michele Forte (Udc) alla presidenza del consiglio, con Renzo Scalco (Pdl) ed Enzo Polidoro (Italia dei Valori) come suoi vice, mentre Enrico Dellapietà e Domenico Guidi saranno i segretari di presidenza. «La gente si è stancata di sentirci litigare - è stato il primo commento di Forte - ecco perché il grande astensionismo. Non sono al libro paga di Cusani - ha aggiunto provocatoriamente - ma con lui non ho mai litigato, per il bene della Provincia». Nei loro brevi interventi, Sesa Amici e Domenico Guidi hanno chiesto attenzione per il lavoro delle opposizioni. «E' il frutto di un puro lavoro di equilibrismo tra segreterie politiche, non certo la squadra forte che ci si poteva attendere dopo il risultato elettorale ottenuto dalla coalizione guidata dal Presidente Armando Cusani», di cono Pd e Idv. Il Pdl ha nominato capogruppo Paolo Graziano, mentre il Pd si affida a Enzo Eramo. Nel tardo pomeriggio si era difusa la voce del ritiro delle dimissioni dei tre asessori, subito smentita, anche se questo ha creato ulteriore confusione.(da Il tempo, 4.7.09)

venerdì 3 luglio 2009

RISPOSTA DEL SINDACO DI FONDI AL TG1

Fondi (02/07/2009) - A Silvio Berlusconi
Presidente del Consiglio dei Ministri

All'on. Claudio Scajola
Ministro dello Sviluppo Economico

All'on. Paolo Bonaiuti
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Delegato all'Informazione, Comunicazione ed Editoria

All'on.Roberto Maroni
Ministro dell'Interno



Oggetto: TG1 criminalizza Fondi e il Mof/Nota del Sindaco.

C'è veramente da restare esterrefatti di fronte alle modalità e al contenuto del servizio reso da un giornalista del TG1 delle ore 20.00 sabato 27 giugno scorso e riproposto nella mattinata di domenica 28 giugno 2009, che ha suscitato legittime reazioni di dissenso e di protesta da parte dei cittadini.
E' da evidenziare che RAI UNO è di proprietà pubblica, pagata e sostenuta dal canone a carico dei cittadini e per questo ha il dovere di assicurare un'informazione del tutto imparziale, libera da condizionamenti di parte.

Nell'ambito di un servizio di cronaca riguardante la confisca di beni al clan dei Bardellino, la Città di Fondi, che nulla ha a che vedere con tali vicende, viene artatamente inserita nella notizia e ingiustificatamente vilipesa e colpita nella sua identità, e il Mof (Mercato Ortofrutticolo di Fondi)è descritto come luogo in cui la "contrattazione commerciale avviene per contanti". Trattasi di un'affermazione di una gravità inusitata, assolutamente priva di ogni fondamento, tendente ad ipotizzare lo scambio delle merci come affare illecito, determinato e controllato da personaggi delinquenziali. Chi opera e frequenta il MOF non può non restare allibito di fronte alle lesive affermazioni del giornalista Gaeta.
Viene riproposta ormai da tempo risalente un'attività informativa che di fatto si traduce in danni rilevanti di immagine, di ordine morale e di natura economica alla Città di Fondi e al Mof, che costituisce uno dei centri vitali dell'economia locale, comprensoriale. E' irresponsabile accreditare il Mof come una realtà dominata dalla mafia allorquando la totalità degli operatori svolge il proprio lavoro libero da qualsiasi tipo di condizionamento. Indicativo fu lo sciopero generale promosso dagli operatori agricoli e commerciali per protestare fermamente contro una sistematica campagna di stampa tendente ad accomunare il Mof a specifici fatti collaterali oggetto d'indagine giudiziaria.
A fronte di un meritevole lavoro svolto dagli organi investigativi e dalla Magistratura nell'individuare e colpire i diretti responsabili di atti criminosi, si pone in essere da parte di alcuni organi un'attività di informazione e di comunicazione che configura l'intero "sistema Mof" coinvolto in fatti illeciti. Eppoi, rappresentare e configurare il dominio della malavita sul Mof significa ignorare che lo stesso è un Ente economico che vede la maggioranza dei soci rappresentata dalla Regione Lazio, dalla Provincia di Latina, dal Comune di Fondi, dalla Camera di Commercio di Latina.
La legittima e sacrosanta contestazione non è pertanto sul diritto di cronaca, ma si concentra sullo stravolgimento, sulla deformazione della notizia che produce danni materiali e morali incalcolabili. Inoltre occorre evidenziare che da sempre gli stessi organi dirigenti dell'Ente e gli operatori esercitano un'azione di prevenzione e di collaborazione con le Autorità preposte, con le Forze dell'ordine, consapevoli della necessità di arginare ogni forma di contaminazione delinquenziale, a tutela dell'immagine, della moralità e del buon nome della struttura commerciale e di una intera classe mercantile che ha fatto scuola nel panorama comprensoriale e nazionale.
Né il sottoscritto nella sua veste di Sindaco, né l'intera classe di governo cittadino, nessuno dei componenti del Consiglio comunale, a far inizio dal suo Presidente, ha giammai sottovalutato la gravità e la pericolosità di tentativi di infiltrazione malavitosa. La consapevolezza di amministrare una città dalle notevoli risorse socio-economiche, di interesse commerciale, di rilievo turistico, che tra l'altro è situata al centro delle due grandi arre metropolitane romana e campana, ci induce ad innalzare il livello dell'attenzione, della prevenzione nell'esercizio dell'attività amministrativa fondata sulla trasparenza, sul rafforzamento del processo democratico e partecipato, di concerto con una doverosa e proficua collaborazione con le Forze e gli Organi investigativi e di vigilanza, con la Magistratura, onde impedire e recidere alla fonte ogni possibilità di intreccio della criminalità con aree di inefficienza e comportamenti conniventi;
La gravità della notizia trasmessa dal TG nazionale raggiunge il suo apice allorquando il giornalista afferma espressamente che "L'avanzata dei clan ormai è riferita anche alla Città di Fondi, il cui Consiglio comunale sarà sciolto nei prossimi giorni", in aperta violazione dei più elementari principi sanciti dalla Carta dei doveri del giornalista, della verità sostanziale dei fatti. Si è al cospetto di un'informazione, di un supposto diritto di cronaca e/o anche di critica che prevarica requisiti rigorosi quali: la verità, l'interesse pubblico, la continenza formale (requisito che attiene alle modalità di comunicazione della notizia, che nel caso del mezzo televisivo assume rilevanza maggiore, disponendo di tecniche di suggestione molto più sofisticate rispetto alla carta stampata).
La più sfacciata ed impudente parzialità informativa del giornalista in questione è mostrata altresì dal dare per certa una decisione assai delicata, riguardante il più alto organismo di democrazia rappresentativa di un comune, allorquando detta decisione non è ancora stata presa e formalizzata essendo all'esame del Consiglio dei Ministri.
Emerge una conclamata irriverenza ed una sfrontata violazione del rispetto degli organismi istituzionali nell'accreditare e nel dare per scontati atti di governo ancora in corso di esame e la cui adozione potrebbe avere segno del tutto opposto a quello comunicato. Quale credibilità e autorevolezza può avere tale fonte informativa?
Di tale gravissimo episodio che costituisce l'ulteriore tassello di una campagna di disinformazione e di indubbia lesione nei confronti della Città di Fondi, lo stesso Consiglio dei Ministri dovrebbe farsene contezza al momento del suo pronunciamento sulla vicenda del Consiglio comunale di Fondi.
Il diritto alla libertà d'informazione prevista dall'art. 21 Cost. per taluni giornalisti diviene una sorta di paravento per propalare, invece, fatti, vicende e notizie non connotate da inoppugnabili elementi di verità, ma piegate a logiche aberranti di conflittualità e scopi strumentali di cinico scontro di potere politico.
Che un organo di rilievo nazionale qual è il TG1 possa declinare l'esercizio della libertà di espressione e di informazione a tale infimo livello, suscita doverosa preoccupazione in chi crede nel requisito importante della verità dei fatti e dovrebbe di conseguenza allarmare gli organi di indirizzo e di vigilanza del ministero di competenza.
La vera lotta alla mafia e alla criminalità organizzata non trova certamente supporto e beneficio da parte di operatori dell'informazione di tal fatta, che rispondono esclusivamente a logiche e a interessi di parte ed il cui obiettivo si traduce in termini di gravissimi danni di varia natura alle istituzioni pubbliche nonché ai privati cittadini, privandoli oltretutto del sacrosanto diritto alla verità dei fatti, quale condizione essenziale per esercitare la sovranità popolare (art.1 Cost.).
Alle SSLL sono riservate le valutazioni e i conseguenti provvedimenti del caso.
Distinti saluti.